lunedì, giugno 18, 2007

Dieci tesi sull'elettronica non democratica

Dopo il saggio di Castells linkato in un precedente post qualche settimana fa - sempre in tema di network society e dintorni - intitolato Comunicazione, Potere e Contropotere nella network society, ho pensato di offrirvi in due "puntate" le seguenti dieci tesi (cinque+cinque) di Geert Lovink e Ned Rossiter presentato a Berlino nel corso di un convegno tenutosi tra il 3 e il 5 Giugno 2007 presso la Rosa Luxenbuge Fundation. Il testo riprende alcuni dei temi già trattati dagli autori ne L'alba dei network organizzati per svilupparli in parte in nuove prospettive; il titolo del testo è Dieci tesi sull'elettronica non democratica e, per non appesantirne la lettura, verrà qui postato - come detto - in due momenti diversi.

Quelle che seguono sono le prime cinque tesi...


1) Benvenuti nelle politiche della diversione. C'è un crescente paradosso tra, da una parte, il disimpegno di fatto esistente, "l'impero della debolezza delle strutture" e, dall'altra, il desiderio di organizzarsi in forme tradizionali quali i sindacati, i partiti e i movimenti. Gli attivisti, particolarmente quelli che appartengono alla generazione del baby-boom, non amano speculare sul potenziale dei network, perché ritengono fluttuino troppo, un'ansia dovuta probabilmente all'instabilità dei loro fondi pensione. I network sono noti per la loro irregolarità e insostenibilità. Anche quando riescono a crescere in modo imprevedibile, e hanno le potenzialità per realizzare una politica globale in tempo reale, si spappolano con la stessa velocità. Come le chiese Protestanti e le sette Cristiane, i partiti della sinistra e le organizzazioni sindacali preferiscono offrire alle persone strutture necessarie alla loro esistenza. E' problematico trovare argomenti contro il salutare, terapeutico significato che queste organizzazioni possono assumere in una società sottoposta a una forte pressione disgregatrice. Rileviamo però che queste due strategie rispondono a modelli differenti. Esse non competono fra loro, ma non si integrano necessariamente l'una con l'altra.

2) Traiamone una sintesi. Think Global Act Local. Suona ovvio, e dovrebbe esserlo. Ma cosa occorre fare in una situazione di crescenti differenze, strappi e tensioni? E' ingenuo pensare che i capi delle vecchie organizzazioni sindacali saranno contenti di cedere le loro posizioni, allo stesso modo in cui i partiti politici non rischieranno le loro prebende istituzionali per qualche avanguardia digitale. Il poblema verte allora sul come organizzare coalizioni temporanee ben consapevoli delle profonde differenze di interessi e di culture. E' noto come ciò avvenga in modo analogo tra gli attivisti bloggers e ancora, per esempio, fra i Fratelli Musulmani in Egitto. Senonché, piuttosto che "gestire" le tecnologie dirompenti, andrebbe presa in considerazione l'ipotesi di situarsi radicalmente dalla parte delle nuove generazioni e di abbracciare la dirompenza. E' giunto il momento, per le politiche radicali, di prendere il posto di guida e reprimere ogni risposta compulsiva che insiste sulle "dannose conseguenze". Sbarazziamoci delle pedagogie moraliste e cerchiamo di dare forma al cambiamento sociale che prefiguriamo.

3) La crescita applicata è il nuovo orizzonte. Come craccare il tabernacolo della crescita e dell'eterogenesi dei fini per giungere alla proliferazione di una contestazione dalle potenzialità rivoluzionarie?
A giudicare dalla tendenza dei network a regredire nei ghetti dell'autocelebrazione (le moltitudini sono tutti gli uomini) si direbbe che i network hanno già coinvolto "il politico". La coalizione in progress che è attenta al movimento di crescita trans-scalare costruirà a questo scopo una relazione di immanenza tra i network e il politico. E questo faciliterà enormemente la comprensione teoretica e analitica dei network. La tensione spinge al limite il desiderio di esprimersi e di agire. Per i network è il momento di mettersi al lavoro.

4) Fantastichiamo intorno a Indymedia 2.0. Basta con la neutralità di wikipedia. Dove sono i siti di social networking per i mediattivisti?
La nave ammiraglia del "movimento per l'altra globalizzazione" in Internet, Indymedia, non è stata rinnovata dal momento del suo varo, nel tardo 1999. Naturalmente il sito è cresciuto - attualmente ce ne sono versioni in dozzine di lingue con una varietà di nodi locali e nazionali che è raro vedere altrove in rete. Però la base concettuale è rimasta la stessa. I problemi sono stati identificati parecchio tempo fa: c'è una diffusa confusione tra il modello dell'agenzia di notizie alternative, il livello dell'organizzazione pratica della "community" e il dibattito strategico. Troppo spesso Indymedia è usato come una CNN alternativa. Non c'è niente di sbagliato in questo, eccetto il fatto che la natura stessa delle industrie corporative delle informazioni sta cambiando a sua volta.

5) La rivoluzione sarà partecipativa o non sarà. Se non si convoglia il desiderio non accadrà un granché. Youtube e Myspace sono alimentati senza risparmio di desiderio. Piaccia o meno, sono considerati la punta d'eccellenza dei media partecipativi. Ma difficilmente fomentano focolai di mediattivismo. Linux geeks - abbandonate la nicchia del cartello del software libero.
La politica degli acronimi, dal G8 al WTO, ha fallito precisamente perché la sintesi dei complessi movimenti interni al capitalismo globale non si traduce adeguatamente nella confusione del nostro quotidiano. Per contro, il movimento dell NGO (Organizzazioni non Governative) al suo meglio (ci risparmiamo un catalogo dei fallimenti) ha dimostrato l'efficacia dei network localizzati. Il problema della crescita trans/scalare, tuttavia, rimane. Ciò si è reso evidente nel modello di governance multi-stakeholder adottato da governi, imprese e e società civile nel corso del Summit Mondiale delle Nazioni Unite sulla Società dell'Informazione (WSIS). Qui abbiamo visto qualche organizzazione della società civile trovare una sedia al tavolo dei negoziati, ma non si è trattato di molto più che di una temporanea operazione di facciata. Allo stesso tempo, mentre gli appartenenti alla società civile salivano la scala della legittimazione politico/discorsiva, la logica dei loro network andava fuori corso. Questo è il nodo che affrontiamo quando parliamo di ciò che si trova collocato tra network apparentemente privi di struttura e organizzazioni strutturate. L'ossessione per la democrazia fornisce un diverso registro per leggere questa condizione socio-tecnica.

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