di Federico Rahola - da il manifesto del 13 giugno 2007
In tutti gli aeroporti dei paesi dell'area Schengen esiste un doppio regime di uscita, per cittadini di stati membri ed «extracomunitari». I passeggeri sbarcati si dispongono ordinatamente e procedono su due file a velocità differenziata. Tra le file passano occhiate furtive, gare nevrotiche verso un traguardo che si risolverà nel passaggio rapido, con o senza controllo di un documento, oppure nel vaglio più attento, a volte esasperatamente lento, di passaporti e visti. Così, carsicamente, da una «semplice» pratica prende corpo una percezione selettiva: i cittadini di quell'ancora indefinita nozione politica che si chiama Europa assistono alla messa in scena di controlli, fermi, perquisizioni (e con sempre maggiore frequenza anche al rilevamento di impronte e dati biometrici) che impongono una definizione su chi li subisce, scartandone implicitamente altre, e che letteralmente «fanno paura». Rovesciando Hegel, verrebbe da dire che è la materialità delle pratiche a determinare l'astrattezza del concetto (Europa). La domanda comunque è più immediata: perché mai ogni discorso su migranti, rifugiati e richiedenti asilo viene inquadrato come una questione di sicurezza? Cosa c'è di ineluttabile in questo slittamento?
La svolta sicuritaria
È da qui, dal disagio nei confronti di risposte che finiscono per assumere implicitamente la legittimità di un tale slittamento, che prende le mosse Politics of Insecurity (Routledge, 2006) di Jef Huysmans, docente di relazioni internazionali alla Open University. Non si tratta infatti di vedere se la politicizzazione delle migrazioni come «pericolo» e la loro traduzione in termini di sicurezza si fondi su basi reali o immaginarie. Piuttosto occorre interpretare la sicurezza, o meglio il sapere e le tecniche di sicurezza, come insieme di pratiche che definiscono quella che Huysmans chiama la politica dell'insicurezza: «l'insicurezza come campo si produce colonizzando la vita sociale con strumenti e criteri di sicurezza». A prima vista potrebbe sembrare la riedizione di una vecchia lezione economica: sono le politiche di sicurezza a generare l'insicurezza, l'offerta definisce la domanda. Il fatto è che le politiche di insicurezza trascendono la gestione di un determinato «pericolo» e pure la natura e il grado della minaccia stessa, puntando molto più in alto. Ma procediamo con ordine, seguendo Huysmans.
Continua qui.
venerdì, giugno 15, 2007
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento