giovedì, giugno 29, 2006

Mi chiamo Patrick...


Questa che vi riporto è una vicenda in pieno svolgimento, di cui l'esito che pare scontato piacerebbe a tanti poter cambiare. Un storia come tante - è non è un modo di dire - che questa svolta ha come sfondo contestuale Trento. Il protagonista, suo malgrado, si chiama appunto Patrick ed è un migrante, un sans-papiers. Clandestino per la legge italiana, come tanti altri, almeno fino al momento di una sanatoria quando, come per incanto, da soggetti pericolosi diventano una risorsa. L'ipocrisia di questa retorica, propinataci a piene mani dai media mainstream e da tanti attori politici, non ci impedisce di vedere le barbarie a cui sono sottoposte le sorelle e i fratelli migranti nel nostro paese. Speriamo che almeno per Patrick l'esito scontato della vicenda qui sotto narrata sia la libera possibilità di determinare il suo futuro e di perseguire la felicità: ora, in italya, perchè lui l'ha scelto.

Mi chiamo Patrick,
la mia storia è la cronaca della brutalità della legge Bossi-Fini, il percorso verso la conquista della dignità attraverso gli ostacoli che la legge impone a noi stranieri. La mia storia è quella di un ragazzo ghanese che per stare in Italia vicino alla propria madre, per lavorare in regola e per vivere da persona libera ha dovuto fare “carte false”, modificare la sua identità. La storia di un ragazzo di 21 anni che per schivare la severità della legge che non permette ad una famiglia di ricongiungersi ha dovuto negare il suo nome per non negarsi il diritto di vivere senza nascondersi.

Sono stato incarcerato con l’accusa di avere falsificato il documento di soggiorno, infrangendo le leggi che regolano l’immigrazione. Ora sono stato scarcerato, in attesa del processo che potrà costarmi l’espulsione per 10 anni dall’Italia. Il 12 luglio dovrò presentarmi in questura per regolarizzare la mia posizione: se risulterò clandestino mi sarà intimato di lasciare il territorio italiano, se non lo farò sarò nuovamente incarcerato, portato in un Centro di detenzione per migranti (CPT) e rimpatriato con la forza, obbligato ad un viaggio di sola andata verso il Ghana.

Vi chiedo di non rimanere indifferenti spettatori di fronte ad un atto che ha la forza di distruggere una famiglia, di spezzare un sogno, di interrompere un cammino che avevo quasi del tutto conquistato: vivere nel vostro Paese da cittadino straniero regolare. Vi chiedo di starmi vicino, perché possa essere riconosciuta la mia voglia di vivere vicino a mia madre e nel vostro Paese con dignità. Vi chiedo l’impegno per la dignità di tutti gli immigrati, perché la battaglia per i diritti di cittadinanza diventi la lotta per la libertà.

Chiedo a tutti quelli che mi conoscono, al mondo dell’associazionismo, ai democratici e agli antirazzisti di mobilitarsi sottoscrivendo questa lettera, partecipando all’assemblea del 29 giugno, non lasciandomi solo a lottare per la libertà.

Patrick

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