domenica, giugno 04, 2006

Incursione digitale alla baia dei pirati - il manifesto 04/06/06


Si è trattato di una incursione in piena regola e ha destato scalpore non solo laddove è avvenuta, in Svezia, dove le operazioni di polizia sono quasi sempre condotte con discrezione, ma in gran parte della rete. A reagire con giudizi taglienti, paragonandola a un blitz, sono stati infatti gran parte dei blog che si occupano di proprietà intellettuale e diritti civili, dal famosissimo Slashdot all'«istituzionale» servizio di news di Google. Alcuni giorni fa, un nutrito drappello di forze dell'ordine si è presentato alla porta dello stabile che ospitava i computer del sito The Pirate Bay e hanno chiesto di sequestrare tutti i server per violazione della legge svedese sul diritto d'autore. Alla richiesta di vedere quali reati fossero stati compiuti, il funzionario della Swedish National Criminal Police ha risposto che quella era la prassi e che i gestori del sito potevano avvalersi della richiesta di risarcimento se il tribunale avesse riscontrato che il sequestro era illegale. Per due giorni il sito non fa funzionato, ma ieri ha ripreso la sua attività. La notizia sarebbe stata annoverata tra le tante e ripetute operazioni di polizia in difesa delle norme sulla proprietà intellettuale se ad essere colpito non fosse stato il nodo di una rete di siti internet che conta oltre 40 milioni di frequentatori. Un numero che fa di The Pirate Bay uno dei siti più noti tra i cultori del «peer to peer», cioè lo scambio individuale di file musicali e video su Internet. E la rete, come accade in questi casi, ha registrato il fatto, amplificandolo. Nel giro di alcune ore gran parte dei blog ha dato la notizia dell'incursione, mentre il tam tam superava gli ambiti del web e arrivava nelle redazioni dei giornali statunitensi, francesi, inglesi, tedeschi (poca eco ha avuto, invece, la notizia in Italia). Anche perché il sequestro, che continua tutt'ora, ha coinvolto PyratByran.org, un gruppo attivista a favore del «peer to peer» che nei mesi scorsi ha organizzato manifestazioni a Stoccolma contro il copyright. Opposti, come prevedibile, i commenti sull'operazione. E se l'associazione svedese dei discografici ha brindato all'operazione, i gruppi di base per i diritti digitali hanno visto nel sequestro un attacco alle libertà individuali. Il direttore dei discografici ha subito rivendicato il proprio ruolo di ispiratore dell'azione repressiva, visto le reiterate richieste di un intervento della polizia perché «The Pirate Bay ha facilitato lo scambio illegale su larghissima scala di materiale protetto da diritto d'autore», per poi concludere che «quanto accaduto costituisce uno sviluppo molto importante per l'industria musicale svedese». Di tutt'altro tenore le dichiarazioni del «Partito dei pirati svedese», una nuova formazione politica che si è costituita per affermare il diritto all'accesso ad internet e la critica al diritto d'autore. Secondo il suo portavoce «The Pirate Bay non ha commesso nessun crimine, ma ha fatto solo cose che non piacciono alle major americane. Ma non è illegale dispiacere a qualcuno». E ha poi concluso: «Quando la società manda la polizia contro i giovani perché ascoltano musica e guardano film, allora non sono questi che sbagliano. E' la società che ha bisogno di darsi una regolata». Non è però nuova l'avversione dell'industria discografica e cinematografica verso la tecnologia «peer to peer», che consente di mettere a disposizione spazi a chiunque voglia comunicare e scambiarsi file. Il gestore del server nulla sa di cosa avviene, né è tenuto a sapere se lo scambio di file audio o video riguardano le ultime uscite o di film o brani coperti dal diritto d'autore. Nel tempo si sono formate vere e proprie «comunità virtuali» che fanno della condivisione la propria parola d'ordine. Ma c'è di più. Iil software usato da The Pirate Bay è chiamato «BitTorrent» è stato sviluppato da un programmatore californiano, Bram Cohen, nel 2002 ed sotto licenza licenzia open source, cioè tutti possono usarlo e modificarlo senza pagare il pedaggio del diritto d'autore. Inoltre è facile da usare e permette di diffondere, indicizzare e scaricare file molto velocemente. Tutte caratteristiche che hanno fatto di questo software uno degli strumenti più usati e diffusi tra il mondo «peer to peer». Resta da vedere se l'ordinanza di dissequestro riguarderà anche il sito di PyraByran. A fare da eco a questa operazione di polizia sono giunte le dichiarazioni del giurista statunitense Lawrence Lessig, autore di importanti saggi di analisi delle norme sulla proprietà intellettuale e «creatore» della licenza «Creative Commons» (a giorni nelle librerie italiane sarà disponibile la traduzione de Il futuro delle idee). Durante un seminario che si è tenuto all'interno del festival inglese di Hay, il giurista di Stanford ha infatti dichiarato che «stiamo piombando versa una nuova era di proibizionismo. Ma questa volta rischiamo di distruggere la creatività e che il clima di caccia alle streghe creato dalle major dell'Entertainment sta «spingendo i creativi di tutto il mondo nel sottosuolo della pirateria». (Benedetto Vecchi)

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