In Spagna è passato senza problemi un disegno di legge che autorizza la coltivazione di cinque piante di marijuana per uso strettamente personale consentendo così al consumatore di non dare immense fortune alle narcomafie e di non assumere erba realmente pericolosa a causa del suo taglio. Insomma senza dubbio dal punto di vista statale è una scelta responsabile che leva soldi al cancro della mafia e giova alla condizione psicofisica dei cittadini e quindi alle casse dello Stato su cui ricade la tutela della loro salute.
In Italia all’incirca nello stesso periodo si gridava allo scandalo, alla follia criminale verso l’innocua (e inutile) “proposta Turco” di aumentare alla comunque ridicola soglia di 1g il limite massimo di principio attivo detenibile(quindi circa 10g di sostanza lorda) per non incorrere in sanzioni penali dai 6 ai 20 anni. Al di sotto di questo insensato limite però non si può certo stare tranquilli, in ogni caso ci sono pesanti sanzioni amministrative che possono anche arrivare al sequestro della patente o al ritiro del passaporto. Il provvedimento del Ministro della salute aveva quindi una portata molto limitata, e non cambiava la sostanza della legge che è totalmente folle.
A questo punto è utile fare una riflessione sulla differenza tra spaccio e spacciatore: l’ex-ministro Giovanardi (a cui dobbiamo insieme al simpatico Fini l’attuale legge sulle droghe) con un’ingenuità sospetta difendeva qualche mese fa il sistema delle tabelle facendo un parallelo tra il consumatore e lo “spacciatore” di sigarette. Infatti per il ministro si è nel primo caso quando si hanno fino a tre o quattro pacchetti in tasca ma non lo si è più dal momento che si hanno 20 stecche a casa. Sorvolando sul fatto che non mi risulti esserci un limite al numero di sigarette detenibili legalmente, questo confronto cannabis/tabacco reggerebbe solo se ognuno di noi potesse andare in un negozio e comprare tranquillamente un paio di grammi d’erba da fumare, ma quando provo a chiedere un articolo del genere al mio tabaccaio di fiducia la risposta non è positiva. È molto importante quindi nel nostro contesto distinguere tra colui che spaccia e lo spacciatore. Moltissime persone (soprattutto tra i più giovani) per necessità vendono una piccola parte della propria “droga” a causa dei prezzi altissimi causati dal proibizionismo, per questo enorme numero di persone i ruoli spacciatore/consumatore si intrecciano e si alternano senza nessun lucro se non quello di fumare gratis. Ben diversa è invece la situazione di chi fa del commercio di droga la sua principale occupazione e fonte di reddito. E se c’è qualcuno che la legge Fini/Giovanardi non tocca è proprio quest’ultima categoria, quella che andrebbe più punita per stroncare il narcotraffico. Questa sottile distinzione è estremamente importante perché lo stato attuale delle cose non consente a molte persone di avere soltanto la proprio “dose personale”,
Altro commento molto pressante da parte di tutte le forze politiche è sul “preoccupante” aumento del consumo di droga “tra i giovani” (per usare termini roboanti tanto cari ai mass-media) imputato, in un crescendo di paradossi, ad una presunta politica lassista e antiproibizionista sugli stupefacenti. L’aumento del consumo non sarebbe quindi “colpa” di una delle leggi più proibizioniste d’Europa che è ormai pienamente in vigore da 444 giorni ma ad una non meglio precisata moribidezza legislativa sul tema (sic!). Da questo visionario presupposto (che acido usano?) partono le esternazioni condivise trasversalmente da centrosinistra/destra di inasprire ancora di più una situazione oltremodo repressiva (i cui danni si sono visti e si stanno vedendo) ripenalizzando addirittura il consumo, distribuendo Kit “da 1984” che permettono di capire se il proprio figlioletto sia un drogato, e tornando indietro sui più basilari punti della riduzione del danno come l’accesso a siringhe pulite per i tossicodipendenti.
Oltre un anno fa gli antiproibizionisti segnalarono come le tabelle della legge Bossi/Fini favorissero in maniera insolita il consumo di cocaina con una soglia massima detenibile molto alta in relazione al suo prezzo e che questo avrebbe portato ad un aumento dello spaccio di questa sostanza (guadagni semplici e minori rischi rispetto, ad esempio, alla cannabis), quindi ad una diminuzione del prezzo e ad una diffusione più capillare. Puntualmente questo è avvenuto ed anche le istutuzioni se ne sono accorte senza però riuscire a capire quanto sia necessario un cambiamento di tendenza rispetto a questa folle legislazione proibizionista visti gli inequivocabili risultati a cui ci sta portando.
E’ necessario un segnale di discontinuità. Le droghe non sono tutte uguali. E non è demagogia questa ma medicina. L’ abbattimento di una distinzione legale tra le varie “droghe! ha portato ad una percezione distorta dei reali danni delle varie sostanze psicoattive.
Inoltre è necessario distinguere tra due comportamenti molto lontani per lo Stato. Infatti è molto diverso (e questo vale per ogni droga, legale e non legale) alterare la propria percezione senza che questo rappresenti un pericolo per gli altri oppure farlo e poi, ad esempio, mettersi alla guida o fare una rissa. Infatti se in quest’ultimo caso lo Stato è legittimato ad intervenire nel primo non lo è affatto anzi è obbligato dalle libertà costituzionali a non farlo in nessun modo. Lo Stato non è autorizzato a limitare le scelte libere e consapevoli del cittadino, quando lo fa si parla di autoritarismo.
E’ necessario che lo Stato favorisca comportamenti responsabili come quello dell’autoproduzione che consentirebbe l’abbattimento di un mercato illegale su cui le narcomafie lucrano tra 312 e 390 miliardi di euro ogni anno. Senza contare la nostra salute, che ne trarrebbe giovamento non dovendo più subire il taglio (spesso più dannoso della sostanza stessa) che viene dato ad ogni droga reperibile sul mercato.
Se lo scopo dei proibizionisti è davvero quello di diminuire il consumo e abbattere le narcomafie (ma ne dubito molto) il fine non è stato raggiunto. Punto.
Chi associa l’antiproibizionismo a criminalità, droga ovunque e morti di overdose è un bugiardo. Dalla liberalizzazione di tutti gli stupefacenti lo Stato ha solo da guadagnare: azzeramento dei reati legati alla droga, maggiori entrate fiscali, maggior controllo sul consumo, duro colpo alla mafia, miglioramento della salute dei cittadini, meno morti per le strade, meno ignoranza, possibilità di impiegare le forze dell’ordine su fronti ben più importanti. L’antiproibizionismo storicamente non ha colore politico: è una scelta responsabile e necessaria.
Invece se c’è qualcosa che unisce partituncoli italiani di ogni schieramento è la deriva verso lo stato salutista che maschera l’interesse delle varie lobby e mafie che premono perchè il mercato degli stupefacenti rimanga sommerso
Siamo stanchi di essere criminali, siamo stanchi di essere perquisiti per due cannette, siamo stanchi di colloqui col Prefetto, siamo stanchi di alimentare le narcomafie, siamo stanchi di dover essere spacciatori, siamo stanchi di assumere sostanze di cui non possiamo sapere la provenienza né la composizione.
C’è bisogno di un cambiamento di tendenza. E non una lieve virata tra qualche anno, serve un inversione di rotta e serve adesso perché il proibizionismo continua a mietere le sue vittime.
Lorenzo - studente del Virgilio.[da .0ic]
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