di bifo - da rekombinant
Sbancor aveva molte cose da dirci, ed il suo è un messaggio a più strati. L'ironia è la chiave essenziale per penetrare nel suo regno. Pensate al suo nome. Sbancor è la negazione dell'asservimento al dominio del denaro, la consapevolezza della menzogna implicita nel danaro, nell'economia. Ma c'è una venatura amara di consapevolezza nel suo stile discorsivo. Sbancor sapeva bene che il dominio dell'economia è tutt'uno con il dominio dell'ignoranza, e sapeva che l'ignoranza è interminabile, come Freud diceva della psicoanalisi. (Si tratta infatti dello stesso tema: l'analisi è il processo di liberazione dal nostro non vedere noi stessi. E il non vedere è costitutivo del nostro essere). Interminabile come il rapporto con il debito, e con la banca, da cui peraltro pare che Sbancor traesse i mezzi del suo sostentamento.
Ricordo la sua relazione al Convegno di Rekombinant dell'ottobre del 2005. Fuori pioveva a dirotto, e il clima era plumbeo. L'intervento di Sbancor fu lungo articolato, documentatissimo, e tenne col fiato sospeso una sessantina di persone che stavano ad ascoltarlo.
Non è vero, disse, che gli americani abbiano perso la guerra iraqena. L'hanno vinta perché il loro scopo non è quello di rende il mondo più governabile, né di mettere le mani sul petrolio iraqeno. Lo scopo dei petrolieri della Casa Bianca non era tenere bassi i prezzi del petrolio, ma piuttosto il contrario. Lucrare sulla guerra e sul petrolio. Da questo punto di vista, diceva Sbancor, la Halliburton non ha certo perso la guerra. Tre anni dopo sappiamo che il prezzo del petrolio si è messo a correre, moltiplicandosi più di quattro volte. Quanto al costo della forza lavoro, disse quel pomeriggio, descrivendo davanti ai nostri il divenire prossimo del mondo, il dumping cinese sta producendo i suoi effetti sul potere di acquisto del proletariato internazionale. Nei prossimi anni assisteremo a un avvicinamento progressivo del livello salariale crescente degli operai indiani o cinesi e il salario calante degli operai occidentali.
In questo quadro, diceva ancora, l'entità europea va considerata come un'entità economica, punto e basta. E la catastrofe italiana può ormai considerarsi compiuta. Quello che seguirà, diceva Sbancor nell'ottobre del 2005, (qualche mese prima del penultimo atto della tragica farsa italiota, la vittoria risicata del centrosinistra), quello che andrà a seguire, è scritto nelle cifre del debito, nel peso decisivo dell'economia criminale, nell'inesistenza di una classe dirigente di ricambio, perché le elite sono state distrutte, incarcerate, perseguitate, affamate, espulse, umiliate, esiliate. Come sappiamo, tutto quello che Sbancor ci ha detto in quel pomeriggio di ottobre, si è rivelato vero, parola per parola. Non faceva il profeta, ma semplicemente guardava alle cose con uno sguardo ironicamente disperato, o disperatamente ironico.
Tanto che talvolta mi viene un dubbio sullo pseudonimo che aveva scelto questo compagno e amico, di formazione consiliar-libertaria, woobly e antilavorista, lettore raffinato di letteratura e scrittore lui stesso.
Non gliel'ho mai detto questo dubbio. Ora me ne rimprovero, avremmo potuto chiacchierarci sopra per un paio d'ore, e invece non gli ho mai chiesto: hai pensato a questa assonanza, a questa duplicità?
Sbancor non suggerisce solo la negazione del dominio del danaro sulla vita umana, ma anche il nome della vittima della violenza idiota del potere. Una vittima invincibile, che non smette di ritornare, ossessionando il potere assassino. Ricordate il Banquo che MacBeth fa uccidere nel dramma shakespeariano? E ricordate che la vittima ricompare, come fantasma, al posto riservato per MacBeth?
Così ora vedo Sbancor: come un fantasma che irride ai vincitori, perché sa bene che chi vince non vince niente, e l'importante è essere impeccabile.
Col suo sigaro in bocca ripete la canzone:
« Life's but a walking shadow; a poor player,
That struts and frets his hour upon the stage,
And then is heard no more: it is a tale
Told by an idiot, full of sound and fury,
Signifying nothing. »
ben tornato, amico mio fantasma.
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