giovedì, gennaio 10, 2008

MAYDAY MAYDAY - LA LIBERA PARADE

Comunicato di I.P. Intelligence Precaria La sentenza del processo sull'EuroMayday 2004 non riserva molte sorprese: più di metà degli inquisiti sono stati assolti perché i fatti di cui erano imputati non costituiscono reato. Scompare del tutto il reato contestuale che ha provato ad inventarsi un primo maggio in odore di eversione politica, "contrario agli ordinamenti politici, sociali ed economici costituiti nello Stato" e di eversione morale, "offensivi del sentimento nazionale", come recita il TULPS (Regio Decreto del 1931 voluto da Mussolini per dare mano libera all'allora capo della polizia Arturo Bocchini).

Immancabilmente, tuttavia, una decina di attivisti/e sono stati condannati/e per danneggiamento, con la solita enfasi giudiziaria che trasforma in distruzione ciò che non è altro che la naturale tensione (innanzitutto ideale) che accompagna ogni movimento d'opposizione alla precarizzazione - che per noi è un vero e proprio flagello nazionale e non solo. Tutto ciò vale in modo particolare per la manifestazione che rappresenta in modo più autentico il primo maggio italiano, la Mayday Parade, partecipata da decine di migliaia di precari/e, vissuta in numerose città italiane ed europee.

Viste le premesse - lo ammettiamo - siamo rimasti allibiti nell'ascoltare lo stesso pm chiedere assoluzioni e derubricazioni, riconoscendo nella Mayday Parade e nelle pratiche delle azioni di "Adotta una catena" – che avevano colpito le catene commerciali rimaste aperte grazie al lavoro precario anche nel giorno della festa dei lavoratori - la "normale espressione di dissenso politico e di sensibilizzazione sul tema del lavoro" e nel riconoscere ad alcuni testimoni della difesa "un'ammirabile lucidità" nella spiegazione dei fatti. Nell'era delle sentenze oscene che abbiamo ascoltato in altri processi, ciò è un atto degno di nota.


Tuttavia la precarizzazione rimane, e con lei rimarrà quella "naturale tensione" insita nei gesti e nelle idee di chi a essa si oppone. Senza voler scadere nell'enfasi retorica è evidente che sono la mancanza di diritti, il crollo del potere d'acquisto delle retribuzioni, le condizioni precarie nel lavoro, le privatizzazioni nella sanità e nella scuola (per non parlare del welfare state pressoché inesistente) a danneggiare e distruggere la vita di tutti.
Tutto sommato, lo sceriffo per niente extra e poco terrestre De Corato ha poco da gioire: la sua Milano tutta facciate, lucine e vetrine è un città decadente e precarissima. Rivendicare e lottare per riaffermare diritti nel lavoro e oltre il lavoro per tutti/e, continuità di reddito per i precari/e, nativi o migranti, mobilità gratuita, accesso ai saperi e alle loro tecnologie, una scuola e una sanità pubbliche e di qualità, è cosa buona e giusta.

E' come dire Mayday !

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