giovedì, febbraio 15, 2007

La forza creativa del desiderio antiedipico -- di Bifo

Nell'Antiedipo Deleuze e Guattari spostano il piano della filosofia, della politica e della psicoanalisi dalla sfera della mancanza alla sfera del desiderio. Il campo della mancanza su cui è fiorita la filosofia dialettica, su cui la politica del Novecento ha costruito le sue (s)fortune, è il campo della dipendenza, non quellodell'autonomia. La mancanza è qualcosa di assolutamente reale, ma non possiamo fondare su questo concetto una teoria dell'agire autonomo. Perché la mancanza è un prodotto determinato dal regime dell'economia, della religione, della dominazione psichiatrica.Non possiamo fondare sulla mancanza i processi di soggettivazione erotica, politica, poetica. Dobbiamo fondarli piuttosto sul concetto di desiderio. Il desiderio comprende la mancanza come una sua modalitàdeterminata. La mancanza non comprende il desiderio, ne è compresa ma non può comprenderlo. Partiamo dunque dal desiderio, suggerisce l'Antiedipo.

Il desiderio non è volontà di acquisizione, ma creazione. "La logica del desiderio perde il suo oggetto fin dal primo passo: il primo passo della divisione platonica che ci induce a scegliere tra produzione ed acquisizione. Dal momento in cui mettiamo il desiderio dalla parte dell'acquisizione, ci facciamo del desiderio una concezione idealista (dialettica, nichilista) che lo determina in primo luogo come mancanza, mancanza di oggetto, mancanza dell'oggetto reale."(Deleuze-Guattari: L'Antiedipo, pag. 32). Non è tendenza ad acquisire un oggetto, ma suscitazione dell'oggetto come possibile, creazione della sua possibilità, creazione di un'energia sociale che può realizzarlo. L'inconscio non è un teatro ma un laboratorio, non è un luogo passivo in cui si assiste alla messa in scena di Edipo, ma un luogo nel quale si costruiscono macchine immaginarie, e anche macchine concrete, tecniche, comunicazionali. Con la parola macchina gli autoridell'Antiedipo intendono ogni concatenazione capace di modellare la realtà secondo la regola del desiderio: macchina è tutto ciò che rende possibile un taglia e cuci singolare dei frammenti semiotici, percettivi, sensibili, erotici, estetici. La realtà è il cut & mix operato da agenti semiotici, ovvero desideranti.

Il tema del desiderio enunciato nell'Antiedipo precorre lo sviluppo degli scritti successivi di Deleuze-Guattari. In Chaosmose, la loro ultima opera, la cui edizione italiana in questi giorni esce da Costa e Nolan, Guattari parla della relazione tra desiderio e ritmo: il ritmo è la modalità di proiezione del mondo da parte di unasingolarità. Soltanto il desiderio può concatenare un ritmo singolare ad un altro ritmo singolare. Quello che Guattari chiama ritornello è proprio questa singolarizzazione del ritmo, questa singolarità del respiro, dell'incedere, del parlare, del gesticolare, e soprattutto del sintonizzarsi col mondo. Il desiderio permette che un ritornello entri in sintonia con un altro ritornello. Un bambino cammina nel buio, ha paura, i suoi passi sono incerti. Canticchia una canzone e il ritmo gli permette di ritrovarsi nel mondo, di creare una rete di relazioni tra i suoi passi, il terreno su cui cammina, le case lontane, le stelle nel cielo. Così Guattari descrive un ritornello. L'etimo del desiderio ha qualcosa a che fare con le stelle (sidera, in latino). Nel punto di intersezione sintonica tra ritornelli si crea un mondo condiviso. Il mondo nel quale viviamo è il punto di incontro di innumerevoli proiezioni desideranti. Per curare il mondo (compito della politica, compito della psicoterapia) occorre dunque curare le proiezioni desideranti.


Parliamo di creazionismo perché il mondoappare qui come la proiezione di una attività creativa, che si interseca e si concatena con altre attività creative. Il pensiero desiderante ha poco a che fare con un certo discorso pubblicitario che vuole cancellare il lato oscuro della moltitudine. Non è trionfalismo della corporeità felice. Il desiderio è la forza produttiva dell'inconscio, l'inconscio in quanto forza produttiva. Ma dal processo di produzione inconscio emergono talora panorami spaventosi, incubi di terrore e di violenza. Il desiderio non è un bravo figliolo, un tranquillo signore di campagna, non è un amante tenero e generoso o una fanciulla in fiore dagli occhi scuri. E' tutto questo ma anche immaginazioni tormentate. Le architetture del desiderio si intrecciano talora con la pesantezza della depressione, e l'energia desiderante può alimentare fantasmi di aggressione. Il desiderio non è mancanza, ma può produrre mancanza nel suo dispiegarsi o nel suo rinsecchirsi.

La psicosfera contemporanea produce flussi di panico, flussi di depressione, ma prima di tutto produce malattie del desiderio. Contrazioni dell'organismo sensibile sottoposto all'invasione info-virale, contrazione del percepire il tempo vissuto, paura del futuro. Per capire il modo in cui la prima generazione videoelettronica si apre (o non si apre) al sociale, dobbiamo capire come si costruiscono le architetture del desiderio in un ambiente saturo di infostimoli, nel quale sembra scomparso il tempo per le carezze, il tempo per le parole lente, per i sussurri, per i tentennamenti.Vi è una malattia del desiderio fra le conseguenze dell'accelerazione ipercapitalista, e questa malattia produce a sua volta condizioni patogene, in un succedersi inarrestabile di psicopatie sociali. La politica del desiderio è anzitutto una forma di cura dell'ecologia mentale, creazione di concetti, di forme, di spazi, di gesti che restituiscano all'organismo collettivo la capacità di provare piacere di sé.


da Queer - inserto di Liberazione (11 febbraio 2007)

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