venerdì, luglio 21, 2006

Crolla il Dente di ghiaccio del pensile in Presanella...


Non è certo una novità il ridimensionamento massiccio dei ghiacciai alpini nel corso dell'ultimo secolo. Molte foto scattate all'inizio del Novecento mostrano quanto fossero estesi i diversi ghiacciai, estensione dovuta probabilmente anche ad un periodo di raffreddamento del clima concomitante con il periodo storico della Grande guerra. Oggi si parla costantemente dei pericoli relativi al riscaldamento di Gaia, si ipotizzano scenari in cui i mari si alzeranno di qualche metro per lo scioglimento delle calotte polari, così come appunto dell'arretramento dei diversi ghiaccia sparsi per il pianeta. Questa sotto non vuole essere un campanello d'allarme, probabilmente i ghiaccia in diverse ere geologiche furono anche più ridotti di ora, e poi di campanelli d'allarme ne sono suonati a bizzeffe ed oramai possiamo essere certi che stiamo mettendo in difficoltà il pianeta che ci ospita, così come stiamo mettendo in pericolo non solo la sopravvivenza della nostra specie, ma quella di interi ecosistemi. Comunque è una notizia che conferma le fosche previsioni, ed inoltre sotto al ghiacciaio pensile della Presanella io e i miei fratelli ci siamo più volte fermati a volgervi lo sguardo, a misurare il suo ritiro, quasi a volerlo nutrire d'attenzioni come si fa con un malato. Insomma, io ci sono affezionato.
Le foto a lato sono tratte da qui, non mostrano la montagna dopo il crollo ma mettono a confronto una foto scattata nel 2003 (sopra) ed una dello scorso aprile in cui già era evidente il crollo imminente.


Un boato impressionante, poi una nuvola di ghiaccio. Verso le 8.30 di giovedì scorso, undici ore prima che dall'Eiger si staccassero 500 mila metri cubi di roccia - alzando una nube sulle case di Grindelwald - dal ghiacciaio pensile della Presanella, 3.558 metri di altezza, si è staccato un enorme «dente» azzurrino, grande tre volte il rifugio Denza. Un altro crollo nel cuore delle Alpi che coincide con un periodo di gran caldo anche in quota, dove lo zero termico continua ad essere sopra i 4.000 metri. Per giovedì prossimo, le previsioni parlano di un'isoterma addirittura a 4.400 metri. Sulla zona, giovedì scorso era piovuto per tutta la notte, probabilmente accentuando di quanto bastava lo scioglimento del ghiaccio che teneva appeso l'enorme dente al ghiacciaio pensile, che è come incastrato fra la vetta della Presanella e la grande parete occidentale, nerastra. Poche ore dopo l'alba il crollo del lembo estremo, che da tempo dava segni di cedimento: la massa s'è staccata dal corpo triangolare del ghiacciaio - sospeso sulla parete nord - ed è precipitata sulla vedretta sottostante, frantumandosi. La fotografia che pubblichiamo, scattata ieri da Isidoro Bertolini di Vermiglio, mostra una scia nerastra lungo la linea di caduta. «Ero nella cucina del rifugio - racconta Erika Dezulian , moglie del gestore Mirko - quando ho udito un fragore, un rumore fortissimo. Crolli di ghiaccio ogni tanto si sentono, ma questo sarà stato dieci volte più forte. D'istinto ho pensato al pensile, perché Mirko continuava a ripetere che prima poi sarebbe crollato. Ho guardato dalla finestra e ho visto alzarsi una nuvola di polvere di ghiaccio». Il labbro inferiore del ghiacciaio pensile, sorta di gigantesco seracco, era sotto osservazione da mesi. L'anno scorso la Provincia aveva piazzato degli avvisi di pericolo alla base, per allontanare gli alpinisti attratti dalla scalata, che è a tratti verticale. «Ora - osserva il gestore del "Denza" Mirko Dezulian - dovrebbe essere ridiventato arrampicabile, la forma è cambiata. Il pezzo che è precipitato sarà stato due-tre volte il rifugio. Quel che resta ora dev'essere in fondo al ghiacciaio, sgretolato in tanti blocchi». Una ricognizione - a quanto se ne sa in zona - non è ancora stata compiuta dal giorno del crollo. Il ghiacciaio pensile era stato salito per la prima volta nell'agosto del 1983 dai fratelli Cortinovis e la via era stata «raddrizzata» dagli alpinisti Bettio e Tedeschi nel 1980. La guida Cai-Tci «Presanella» di Dante Ongari, del 1978, parla di 50 chiodi tubolari usati dai primi salitori. Servono 9 ore di salita, secondo la guida, dal rifugio Denza alla vetta, anche se probabilmente c'è chi impiega meno. Una scalata impressionante, ad ogni modo, con un paio di lunghezze di corda praticamente verticali. «Io l'ho salita nel '94 - spiega Mirko Dezulian - e l'ho trovata sicura dalle scariche, contrariamente alla nord, e con cinquanta metri su ghiaccio strapiombante». È una classica via da salire in piolet traction , ma ovviamente assai meno frequentata del classico scivolo nord. Ora, il crollo l'ha rimodellata.
di FABRIZIO TORCHIO RIFUGIO DENZA (PRESANELLA)

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