Voglio spendere due parole a proposito della presunta concorrenza fra le parade meneghina e parigina della mayday, visto che in questi giorni mi è capitato più volte di parlarne. Sottolineo subito che non è assolutamente mia intenzione convincere alcuno a optare per l'una o l'altra meta, anche perchè io stesso non le considero alternative, piuttosto è secondo me interessante partire da questa querelle per cercare di riannodare i fili di un discorso di progettualità politica sui temi propri della mayday. La proposta di una "trasferta" a Paris per la mayday arriva pochi giorni dopo la vittoria degli europrecari francesi, una vittoria vera anche se ancora non è chiaro quanto riuscirà ad incidere questo movimento sul nuovo contratto d'inserimento in preparazione. La proposta di una massiccia presenza degli europrecari italyani a Parigi in occasione del I maggio arriva soprattutto dall'ambiente romano, in particolar modo da parte degli universitari romani di Esc; dico questo perchè a mio avviso è importante capire il motivo che ha spinto a questa proposta, ed io penso che la proposta sia maturata all'interno del forte impegno (in ogni senso) dei compagni romani nel partecipare e diffondere poi in italya il "verbo" del movimento francese antiCPE. Conseguentemente, mi sembra più che sensata e fondata l'idea che vuole i compagni romani marciare in corteo con gli europrecari francesi lungo i Campi Elisei. Meno scontato secondo me che larga parte delle realtà che in italya hanno movimentato i temi della precarietà negli ultimi anni scelgano particolarmente in questo momento di raggiungere Parigi. Perchè? Innanzittutto perchè la stessa euromaydaymilanese ha bisogno di essere alimentata, cercando in particolar modo di ricomporre le tensioni che nel movimento hanno trovato sfogo nell'ultimo anno e che sono - a sentire secondo tutti noi - uno dei motivi per cui dubitare della buona uscita della manifestazione milanese. La mayday poi ha negli ultimi anni senza fatica (apparente) materializzato uno spazio europeo di conflitto sui temi della precarietà, uno spazio fatto di relazioni fra gruppi e singolarità impegnate su questi temi in tutta europa, riuscendo tra l'altro a plasmare una "rivendicazione continentale" e a rappresentare la precarietà come un problema europeo (non nel solo senso che riguarda tutti gli stati dell'EU), quindi la cui soluzione sta proprio nell'ambito sovrastatale dell'Europa. La mayday è la sola e prima espressione dell'europa diciamo moltitudinaria dopo le grandi manifestazioni per la pace, certamente la prima che pone con problematicità la deriva dei rapporti di produzione nel nuovo secolo del nuovo millennio; andare a Parigi a me non sembra potere aggiungere nulla alla dimensione europea dei movimenti europrecari, non è nella partecipazione del singolo per una singola giornata che si trova il grimaldello per il rafforzamento di una dimensione europea dei movimenti. Questo a maggior ragione se si pensa che nei movimenti italyani la questione europea è per larga parte stata posta come la necessità di uno "stop" ai processi istituzionali di costruzione della Carta europea, salutando con gaudio e soddisfazione la vittoria del "no" al referendum francese di più di un anno fa. Nell'attuale situazione italyana la mayday si colloca quest'anno in un momento cruciale, infatti tra la risicatissima vittoria dell'unione e l'inarrestabile resistenza del nano a lasciare il tronuccio, la mayday deve saper essere il primo momento in cui le generazioni europrecarie presentano il conto alla gerontocrazia dell'unione, non perchè interlocutore privilegiato ma perchè interlocutore al governo. Insomma, per semplificare la mayday made in italy deve far pesare la nostra presenza, la nostra forza progettuale e, quindi, operativamente rendere centrali le nostre proposte e la nostra prospettiva. Dico, come sempre, che non nutro assurde speranze a vuoto, però facendo il conto con la realtà mi sembra improbabile che le nostre rivendicazioni troveranno spazio ed ascolto in un futuro governo del polo. Insomma, urgenza, si tratta di provare con urgenza a imporre al dibattito il nostro "nodo di Salomone". Ci tengo a sottolineare che queste ultime considerazioni non siano a mio avviso in contraddizione, se non apparentemente, con quanto dicevo sopra a proposito della dimensione europea della possibile soluzione, almeno parziale, della questione precarietà. Infatti non possiamo prescindere dal ragionare di passo con i tempi, ossia tenendo presente che i "tempi" dei nostri interlocutori non sono mai stati così lontani fra loro: da una parte infatti abbiamo una dimensione di crisi irreversibile degli Stati nazionali, dall'altra un'impasse del processo di costruzione delle istituzioni dell'europa. La mayday deve sapere essere un ponte fra diversi tempi e spazi, proporsi come vettore del superamento della centralità delle nazioni nelle istituzioni europee così come perno di mutamento all'interno dei grigi confini nazionali. Questo appunto lo fanno sia la maydayparade di milano che quella di parigi, come anche quella di Berlino, Copenhangen, Helsinky, ecc. La maydayparade006 sarà comunque un successo se, ancora più degli anni passati, troveranno spazio nel corteo e si costitueranno spazio del conflitto quelle realtà fatte da lavoratori precari in lotta, per lo più autorganizzate, che sappiano dove possibile coniugare positivamente precarious demands con l'eccedenza cognitiva propria del lavoro precario.
venerdì, aprile 21, 2006
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento