Vi è chi sostiene che tutto quanto esiste sia a disposizione dell'Uomo, creato affinchè egli possa farne uso: animali e piante, acqua e fuoco, etere e minerali. A detta di costoro, i metalli stanno nel ventre della Terra per esserne estratti col piccone; l'acqua piove dal cielo o scaturisce dalle rocce perchè noi possiamo berla, galleggiarvi sopra, trasformarla in vapore per muovere le macchine; pianeti e lune stanno in cielo perchè l'uomo possa contemplarli e chissa', forse un giorno conquistarli, scavarne il ventre ed estrarne metalli.
Come appare vano tutto cio', quando si lascia per qualche tempo il consorzio civile, l'agglomerato di questi esseri umani, preteso perno dell'universo. Come subito ci si rende conto che l'uomo è una piccola e arrogante parte del Creato, che il sole non tramonta allo scopo di fornirci uno spettacolo di colori, che le piante non s'innalzano sfidando le intemperie per essere recise, affogate nell'aceto e raccolte con la forchetta.
Negli spazi ove l'uomo non s'è ancora insediato, la vegetazione spunta dal suolo, assorbe il benefico potere del sole, cresce e riceve il polline portato dal vento, butta gemme che divengono fiori, si carica di frutti che, mai mangiati da alcuno, cadono al suolo e rotolano dove marciranno, libereranno i semi e il ciclo ricomincera', senza che mai alcun nostro simile assista a tale miracolo o ne tragga benefici. Migliaia di specie animali vengono al mondo, cacciano, preparano rifugi, si accoppiano, nutrono e accudiscono i cuccioli, dell'uomo ignorano financo l'esistenza e un giorno, sapendo che è giunta l'ora, s'accasceranno a morire, ignari.
Tratto da I° prolegomeno al nuovo romanzo dei Wu Ming,
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